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THE REAL SWINGER – Seconda parte intervista a Marco Cicchella

by PE1994

“I Real Swinger negli anni 2000”

Nel 2001 finalmente esce “Back from nowhere”, a mio avviso un album con un ottimo suono che riesce a far emergere al meglio un songwriting personale e riconoscibile in cui certo ritornano alla mente i Mr.T (Hey hey That’s, Dr. Frank), Squirtgun (Allergic to you) e Screeching Weasel (Looking around) ma mai in modo scontato, a distanza di anni come giudichi quel disco? Che altre band ascoltavi che ritieni abbiano contribuito a creare il vostro suono?

Su quel disco continuo ad avere sensazioni contrastanti. C’erano queste canzoni, ma la line-up che le aveva registrate non esisteva più. Benchè non fossimo finiti a metterci le mani addosso, andammo avanti per un po’ tra uno stillicidio di capricci e tentennamenti veramente estenuante che non vedevo l’ora di mettermi alle spalle. Le registrazioni facevano comunque parte di quel passato.

Però ci tenevo che uscissero soprattutto perché la batteria su quei pezzi è favolosa, non solo per come è registrata, ma soprattutto per come è suonata. Venivamo da più di una settimana di concerti di fila, registrare in quello studio era praticamente come suonare dal vivo. Di solito era già molto preciso ma con quell’allenamento e in quello studio Walter si superò e praticamente fece tutti i pezzi alla prima take! Considera che registrammo su nastro per cui non si poteva fare editing al PC.

Quello che non mi piace molto è la mia voce, ero abbastanza cotto dagli ultimi giorni del tour e quando siamo entrati in sala non c’era tempo per riposarsi, in due giorni e mezzo dovevamo fare tutto.

Mass usò Dookie dei Green Day come guida per il suono di chitarra, io avrei preferito un suono più tagliente ma per i motivi di cui prima quando anni dopo decisi di farlo uscire, non mi andava di rimettere anche mano al missaggio. Eravamo sempre in tempi poco digitali, non è che potevamo scambiarci i pezzi via mail.

Parlando di singole canzoni permettimi una sottolineatura per “You broke my fuckin heart”, cosa ricordi di quella canzone, l’azzeccatissimo titolo viene dal singolo degli Screeching weasel del 1993?

Si, il titolo è un omaggio agli Screeching Weasel. Gli SW sono sempre stati un gruppo di riferimento per me. Nei loro dischi c’erano diverse tipologie di canzoni, quelle più light tipo “I wanna be with you tonight” e quelle in your face tipo “Slogans” o “Don’t turn out the light”. I gruppi italiani di fine 90 che si ispiravano agli SW spesso copiavano più le canzoni light che quelle in your face, che sono invece quelle che io preferisco.

Tornando alla canzone, non la metterei in un ipotetico Greatest hits ma ha un bel tiro. Nella versione uscita sul CD manca un controcanto finale. Sono sicuro lo avessimo registrato ma sarà andato perso nel missaggio finale. Per cui ci sono 8 ritornelli finali tutti uguali, ma nei secondi 4 ci sarebbe dovuto essere un secondo coro! Se sentendola il finale vi viene a noia, potete arricchirlo urlando “I’m Bleeding”.

Molte di queste canzoni immagino le avrete suonate dal vivo prima che il disco uscisse, quali erano più apprezzate dal vivo?

Si, le suonavamo tutte dal vivo. Erano pezzi provati e riprovati in sala, mancava giusto qualche testo. Nel foglio interno del CD si vede mentre scrivo qualcosa nell’attesa di fare una traccia di chitarra. Addicted to my girl e Nothing at all erano le hit del periodo e ancora ce le ho in scaletta.

Come è stato accolto in Italia e all’estero in un momento in cui l’esplosione del punk rock sembrava affievolirsi e molti cercavano di inserire nel loro suono pop punk anche altre influenze (Retarded, Stinking polecats ad esempio)?

Il cd piacque, tra scambi e vendite girò abbastanza considerando che le distro stavano iniziando ad affievolirsi e io curavo la promozione un po’ nei ritagli di tempo dato che preferivo dedicarmi alle cose nuove. L’etichetta “I’m not a doctor” era giusto un tentativo di coinvolgere in qualcosa di musicale Paolo (il primo bassista del gruppo) che combatteva contro la sua imminente laurea anche se lui non voleva essere un “dottore in…”

In Rubber ball del 2004 (Valium rec) si percepisce una virata verso suoni più grezzi e melodie più rock’n roll che mi ricordano le uscite della Rip off records, cosa volevate portare di diverso in questo disco? Lo avete promosso con dei live in giro? Com’è stato quel periodo?

In quel disco ci sono finite molte canzoni che avevo scritto da tempo, ma che con la formazione di Napoli non venivano bene perché il batterista non aveva i riferimenti musicali per capirli, per cui c’è molto più garage e riferimenti agli Stooges rispetto ai dischi precedenti. Anche i pezzi punk sono molto più scarni. Negli anni precedenti alla registrazione, in periodi differenti rimanemmo fermi per un po’ perché io ebbi problemi con una spalla e poi Antonio, il batterista, si fece male a una mano. Compatibilmente con questi infortuni e con il fatto Antonio e Stefano, non vivevano tutto l’anno a Roma riuscivamo a fare sempre un po’ di concerti in città e fuori. 

Passano 4 anni ed esce “Songs of love and hate but mostly hate” (anticipato l’anno precedente dal singolo “England’s rose”) sulla tua etichetta Unpopular request. Ascoltando questo disco credo si sentano tutte le vostre influenze e passioni musicali bilanciate sapientemente: il pop-punk, il power pop, il rock’n roll, il garage e anche l’HC californiano. Come avete trovato nel tempo la quadratura tra tutti questi generi e mantenuto una tale freschezza compositiva?

Be’ considera che ogni singola canzone fa storia a sé. Quando scrivevo un pezzo e poi provandolo in sala arrivavamo alla versione finale la cosa più importante che volevamo ottenere era che la canzone venisse bene. Doveva essere, passami l’esagerazione, un potenziale singolo. Preferisco avere di seguito un pezzo surf, uno garage e uno swing costruiti bene con la loro personalità piuttosto che avere tre pezzi simili che sono però compositivamente deboli.

Come riuscire a farli convivere poi nello stesso disco è più un lavoro di sequencing dei brani. Non è un disco molto prodotto in studio. Non abbiamo messo il fuzz sul pezzo garage, nè il riverberone sul pezzo surf o un banjo sul pezzo country. Il suono è abbastanza omogeneo per cui ci sono tutti quei generi che elenchi, e anche di più, ma non sono un mero esercizio di stile.

She’s My Everything, I Don’t Wanna Think About You (con quella voce femminile…), You’re A Bore, I Won’t Be There, The Naked Avenger sono grandissime canzoni, raccontaci un po’ a quali sei più affezionato in questo disco e se qualcuna ha una storia speciale.

Tutte hanno una storia speciale e come direbbe Dr Frank in molti casi “it’s a song about a girl” (tutte citate nei thanks del foglio interno). The Naked Avenger si riferisce a un concerto che facemmo in Sicilia nel 1998. Era un festival che si svolgeva in una piazza, ingresso libero insomma. Come già altre volte Walter durante il concerto si spogliò fino a rimanere nudo, ma stando dietro la batteria se ne accorgevano in pochi. Quella volta invece si affacciò al proscenio per prendersi il meritato applauso e quando scendemmo dal palco c’erano i carabinieri ad aspettarlo con conseguente denuncia per atti osceni. Il giorno dopo eravamo nelle pagine di cronaca e perfino il vescovo rubò del tempo al suo preziosissimo dicastero per commentare l’accaduto, ovviamente stigmatizzandolo. Oltre la Sicilia si parla anche di Napoli, dei punk di comitiva, di quelli che dicevano che eravamo andati in America perché avevamo pagato, o che neanche ce lo meritavamo perché “non sapevamo suonare”!! A parlare erano tutti bravi, ma come dicono i DOA Talk-Action=0. Musicalmente è molto Screeching Weasel periodo Wiggle.

In generale mi piacciono tutte le canzoni del disco, forse giusto Sweet Suicide è un po’ debole rispetto alle altre. Su I Don’t Wanna Think About You la voce di Elisa è spettacolare, arricchisce moltissimo la canzone. Quando hai scritto un pezzo, lo hai provato e suonato decine e decine di volte svanisce un po’ l’eccitazione della “canzone nuova”. L’aggiunta di qualcosa di “esterno” che prima non avevi mai sentito e come se ti facesse passare dall’altro lato e tu stessi sentendo una canzone non tua, ti ritorna l’effetto “novità”! Cmq… Non so se ho reso bene la sensazione… 🙂

I won’t be there e I heard somebody le suoniamo sempre dal vivo. La prima parla di un cuore spezzato (non da me) e il testo è tutta storia vera! Ovviamente che ci sia una perfetta corrispondenza tra testo e fatti realmente accaduti ha senso giusto per me e per la protagonista “voce narrante”! Però mi piace l’essere riuscito a sublimare in 6 strofe tutto il senso di quei 5 anni di attesa e di quel giorno fatale.

La seconda musicalmente la considero una delle cose migliori che abbia mai scritto. Ha un buon groove, un bel break strumentale e addirittura un assolo! Anche questa parla di una storia vera!

“Back From Nowhere”, “Rubber ball” e “Songs about”, tre copertine molto diverse, come avete ideato il layout dei vostri dischi? Lo ritenevate un aspetto importante?

Be’ si, la grafica e la copertina di un disco sono una cosa importante, infatti cerco di metterci le mani il meno possibile e di affidarmi a persone più capaci di me!! Per Back From Nowhere usai una foto meravigliosa presa da un giornale, una pubblicità di calze da donna. Il layout lo curò Gabriella, la moglie di Alessandro con cui suonavo nei Dissuaders. Entrambi hanno un grande occhio e una “visione” grafica. Anni dopo Alessandro al mercatino di Portaportese trovò la stessa pistola usata nello shooting fotografico. Come avrà fatto a riconoscerla e ricordarsela è un mistero! La ragazza invece la sto ancora cercando…

Il layout di Rubber ball nasce da delle foto che avevo fatto io… potevano venire meglio! Era un disco il cui contenuto iniziava a essere molto vario per cui non volevo una immagine che fosse associabile a qualche tipologia di genere particolare.

Per Songs about all’epoca pensavo che sarebbe stata l’ultima cosa che avrei fatto per cui volevo avere una foto del gruppo in copertina. Vicino casa mia avevano da poco aperto una stazione dove c’erano questi lunghi corridoi sempre deserti che si erano allagati. Facemmo scatti lì, sulle scale mobili e all’esterno. Per il motivo di cui prima, ho voluto anche farlo uscire su vinile.

… to be continued…

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